Ho trovato un articolo de La Stampa (giornale della Fiat) dal titolo "Meglio usare che possedere, i trentenni cambiano i consumi" che detta gli stilemi su come dovrebbero essere, vivere e lavorare i nuovi giovani delle generazione del millennio detti Millennials, ovvero quelli che si trovano ad attraversare l'attuale crisi. Un capolavoro di luogofinanziarismi a base di termini in Inglese, che trasuda boria e altezzosità nei confronti di chi non si adegua a questo andazzo basato sul nomadismo lavorativo, modello Ryanair. Una bigia tristezza e mestizia, una totale mancanza di fantasia, di creatività, in un modello di appiattimento globalista. Avrete capito che la campagna contro i bamboccioni (copyright Padoa-Schioppa - FMI) , contro i choosy (copyright Elsa Fornero - Banca Mondiale), o i mammoni che vogliono lavorare dietro casa (Ex Ministra dell'Interno Cancellieri) e via insultando, doveva mirare alla costruzione di monadi isolate e assai poco comunicanti (nonostante il pc) come quelli che vedete in fotografia, giovani che ravanano e smanettano in Internet per trovare il volo più a buon prezzo, il vestito più a buon prezzo, i mobiletti Ikea a buon prezzo da scomporre e ricomporre a seconda del capriccio della casa del momento, e via precarizzandosi a vita. Un tempo la weltanschuung era tra l'Essere e l'Avere. Ora è tra l'Usare e il Possedere. Ovviamente a vantaggio del primo verbo.
Come d'abitudine, si distinguono i luridi lecchini pennivendoli della solita stampaccia che invece di denunciare la barbonizzazione mondialista con corollario high tech di questi poveri sventurati ragazzi, si mettono a indorare questa merdaccia (mi si passi il vocabolo) pensando di creare giovani più "trendy". Buona lettura! Il corsivo in verde è mio.
Come d'abitudine, si distinguono i luridi lecchini pennivendoli della solita stampaccia che invece di denunciare la barbonizzazione mondialista con corollario high tech di questi poveri sventurati ragazzi, si mettono a indorare questa merdaccia (mi si passi il vocabolo) pensando di creare giovani più "trendy". Buona lettura! Il corsivo in verde è mio.
Per capirli davvero, bisogna darsi appuntamento alle tre di notte, a Bergamo Orio al Serio o qualunque altro aeroporto da compagnie low cost (poveretti!) . Lì, tra le corsie vuote del check-in, in mezzo a luci e rumori perpetui, mentre il personale pulisce il pavimento e svuota i cestini, ne troverete tanti (tutti fatti con lo stampino, ovvio! è chiaro che là in mezzo, non potrà mai scaturire un Benvenuto Cellini)
Giovani adulti, al massimo trentenni o poco oltre, curvi su un sedile scomodo, abbracciati a un trolley, sdraiati a terra dentro un sacco a pelo ( a questo punto, meglio gli hippies che almeno avevano lo sfondo della natura) . A volte attrezzati di mascherina paraocchi o cuffie isola-orecchie (autismo e schizofrenia autorizzate) . Sempre e comunque pronti a far ciò che mai ai loro padri sarebbe saltato in mente: dormire in aeroporto (per dormire in aeroporto, occorre avere un padre e una famiglia alle spalle; in caso contrario si diventa in fretta dei barboni dell'Idroscalo peggio di quelli cantati da Jannacci ). Quasi un rito, certamente il simbolo di una generazione. Quella dei cosiddetti «Millennials», o «Generazione Y», i trentenni, quelli, insomma nati dal 1980 in poi. (ecco come funziona la macchina della propaganda mondialista: basta un nome, un'etichetta, veicolata da un grande giornale e...oplà: si è pronti ad accettare l'inaccettabile)
Non a caso, per chiamarli spesso si è ricorso a un’altra etichetta, quella di «Generazione Ryanair»(e cioè, la peggior compagnia di volo del Pianeta. L'ho provata una sola volta per evitarla per sempre: hostess rincoglionite che non sanno una parola di nessun altra lingua, se non l'Inglese, disguidi a non finire coi bagagli).C’entrano gli orari – mattutini e infausti – dei voli low cost. Ma c’è molto di più. C’è una nuova filosofia di consumo, la necessità e la voglia di fare esperienze senza spendere un euro più del necessario, la concretezza di chi è diventato grande al tempo della crisi, la capacità e la voglia di risparmiare, ogni volta che si può (più che altro si è obbligati a farlo, quindi non è una libera opzione).
Le notti in aeroporto sono solo un esempio. Il principio vale e si vede in mille altre situazioni. Ed è uno schema che non passerà, destinato a rimanere e a cambiare tutto, in materia di consumi.
A suggerirlo è un’inchiesta del settimanale economico «Forbes» (ahhh, e te pareva!) che lo dice senza mezzi termini: «I Millennials stanno cambiando per sempre il modo di usare i soldi» (vengono democraticamente indotti a farlo. Piaccia o non piaccia). Pragmatici fino (quasi) alla spilorceria, i venti-trentenni di oggi badano al sodo. Puntano a usare più che a possedere. (Non possono fare diversamente, visto che attraversano la crisi che tutto tritura, divora e desertifica ) Comprano un vestito o scelgono un viaggio guardando prima di tutto il prezzo, a volte passando ore a cercare la soluzione più intelligente ed economica. Si affidano alla tecnologia e a Internet per trovare l’offerta o la strategia giusta, e anche per gestire i propri risparmi. (sì, insomma si fanno venire le occhiaie nello smanettare non stop su Internet per poter andare a nozze coi fichi secchi in tutti gli ambiti della vita)
Secondo una ricerca di Accenture, negli Stati Uniti è già il 94 per cento dei 18-29enni a usare i servizi online delle banche, mentre il 39 per cento di loro è disposto ad affidarsi a una banca senza filiali, tutta virtuale (per fregarti meglio,bimbo mio!) Ancor più importante: il 66 per cento di questi giovani adulti spende sempre secondo un budget prefissato, con criterio e parsimonia, mentre a farlo è solo il 36 per cento degli over 55.
Come detto, sono dati che riguardano iMillennials americani. Ma – con la dovuta prudenza – si possono applicare un po’ a tutto l’Occidente, Italia inclusa. I numeri aiutano anche a spiegare il successo della «sharing economy» (* ), l’economia collaborativa di chi divide una casa in affitto, viaggia con BlaBlaCar e simili (car sharing), usa le bici pubbliche (bike sharing), lavora in spazi condivisi (coworking), o finanzia i propri progetti con la colletta virtuale (crowdfunding) (economia della condivisione? è la solita sbobba comunista in salsa bankster).
È - si capisce - un mondo molto anglofono e molto online. Ma guai a vederci una rivoluzione solo tecnologica. La metamorfosi si vede infatti nel mondo reale almeno quanto su Internet. È così che si vendono sempre meno vestiti di marca e i negozi come H&M e Zara – mondi tutt’altro che digitali – sono sempre affollati. (queste sì che sono boutiques di alta moda!)
E così è nata la ribellione ai taxi tradizionali e si è diffuso Uber («Se si può pagare meno, che importa la licenza?», pensa il Millennial-tipo). E poi c’è il pellegrinaggio all’Ikea, diventato un altro rito simbolo, da coppiette che arredano una casa – magari in affitto – secondo il loro gusto e impulso del momento. Per qualche anno e non per l’eternità, con mobili destinati a durare quanto serve e pronti ad essere cambiati in un attimo, se cambiano le esigenze o non piacciono più.Quando la generazione Y diventerà grande cambierà idea? Viaggerà in prima classe e comprerà di marca? Sarà più consumista e meno sparagnina? Difficile dirlo, ma nei dati ci sono tutti gli indizi per credere che questo non succederà. Nel 2020 i Millennials saranno già un quarto della popolazione italiana e il 36 per cento di quella degli Stati Uniti, il Paese da cui tutto il cambiamento è partito. A quell’altezza, lo capiremo meglio. E se, come diceva «Forbes», il nuovo modo di usare il denaro è destinato a rimanere, saranno gli altri – governi, banche, aziende – a doversi adattare. (Forbes: un vero distillato di saggezza! Un Arbiter elegantiarum).
(*) Sulla Sharing Economy "Sharing come filosofia di vita"